Anna Mazzamauro (attrice)         Roma 14.3.2001

                       Intervista di Gianfranco Gramola  

La donna che ha fatto perdere la testa al rag. Ugo Fantozzi

 

Anna Maria Mazzamauro è nata a Roma l’1.12.1938. Inizia la carriera di attrice sul finire degli anni sessanta, quando diventa impresaria di se stessa, aprendo un piccolo teatro a Roma, Il Carlino, in via XX Settembre. In questo laboratorio sperimentale muovevano i loro passi anche Elio Pandolfi, i Vianella (Wilma Goich e Edoardo Vianello) e Bruno Lauzi. Dopo un disastroso incendio nel 1968 la compagnia chiuse e l'attrice passò al cinema debuttando in Pronto c’è una certa Giuliana per te. Resa celeberrima al grande pubblico dal personaggio della "Signorina Silvani", la vamp della serie di fortunati film sul ragioniere Ugo Fantozzi, la Mazzamauro non è solo una brillante caratterista e attrice comica, ma durante una carriera trentennale ha saputo distinguersi in numerosi ruoli drammatici. Nei primi anni settanta si esibisce in numerosi spettacoli teatrali di cabaret dove presenta una serie di personaggi femminili, caricature prese dalla società contemporanea, mettendo in evidenza una notevole dose di intelligenza e autoironia. Da uno di questi spettacoli viene pubblicato un Lp che immortala alcuni dei suoi tormentoni. Fra i partner di scena Lino Banfi e Oreste Lionello.

Filmografia

1967 Pronto…c’è una certa Giuliana per te - 1974 Il bestione - 1975 Fantozzi - Frankenstein all’italiana - 1976 Il secondo tragico Fantozzi -  Tutti possono arricchire tranne i poveri - 1977 Il…belpaese -  Tre tigri contro tre tigri - 1979 Io zombo, tu zombi, egli zomba - 1980 Rag. Arturo De Fanti bancario precario - 1981 Fracchia, la belva umana - 1983 Fantozzi subisce ancora - Sfrattato cerca casa equo canone - 1986 Superfantozzi - 1987 Fantozzi va in pensione - 1990 Fantozzi alla riscossa - 1993 Fantozzi in paradiso - 1996 Fantozzi – il ritorno - 2000 Fantozzi 2000, la clonazione.

Teatro

Eva contro Eva - La marpiona - Cyrano de Bergerac - Raccontare Nannarella - Un po’ più di una donna… un po’ meno di un uomo - Signorina Silvani… Signora, prego!!

Ha detto:

- Non è che io non abbia un buon rapporto con il cinema, è il grande schermo che non ha un buon rapporto con me.

- I compromessi? Ogni volta mi faccio un sacco di risate, quando sento quelle “fanciulle” raccomandatissime che dicono di no, ed invece sono finite nel letto di qualcuno. Beh anch’io li ho accettati, se questo noi intendiamo per vivere in modo più agiato nella vita professionale. Non ti posso dire invece se sono andato a letto con qualcuno, perché nessuno me lo ha mai chiesto.

- La Silvani? E’ una stronza paurosa che no ha mai amato e non è mai stata amata.

- In Tv vanno di moda le tettone e le culone ed io non sono né luna, né l’altra.

- Con i reality Show, penso che la televisione abbia perso molto del suo fascino.

- Mi manca solo di esibirmi al circo, perché gli altri settori li ho visitati tutti.

- Mi piace fare tardi la sera e mi piace crogiolarmi nel letto fino all’ora di pranzo a riflettere: è bellissimo.

Curiosità

- Fra le attività di doppiaggio, famosa quella della sorellina in "Senti chi parla 2".

- Ha una figlia di nome Guendalina Scavia, nata nell’agosto del 1970, è sposata e vive a Londra.

- Nell’Istituto dove studiava Anna, c’erano signorine composte, come Paola Ruffo di Calabria, destinata a diventare l’attuale regina del Belgio.

Intervista

E' nella sua bella casa romana di via Gradoli.

Tu sei romana de Roma, vero?

Verace. Però sono di una pigrizia estrema, per cui vivo Roma soprattutto in funzione del mio lavoro. Io conosco esattamente i teatri dove vado a recitare, conosco il percorso perfettamente ma sono assolutamente distratta e di questo mi pento molto. Ma come tutti quelli distratti come me, che vivono la capitale distrattamente, penso sempre “siccome sono giovanissima” (risata) che avrò tempo più avanti per visitare tutto. Devo proprio riconoscere che sono molto pigra, pur essendo ammantata dell’amore per la mia città, è inevitabile.

In quale zona hai passato l’infanzia e come ricordi la Roma di allora?

Io sono nata in via XXI Aprile, che è una zona che va da piazza Bologna e la Nomentana. Sono nata lì e ho vissuto lì la mia infanzia. Non era certo Roma a influenzare la mia infanzia, ma come per tutti i ragazzini che frequentavo. Non ho un ricordo favoloso della mia infanzia, perché io ho un carattere molto vero, molto immediato, molto insomma. E questo mio molto mi ha sempre toccato nell’infanzia, nell’adolescenza e creato contrasti. Mi sono sempre impigliata nella personalità degli altri ragazzini perché sapendo da sempre che avrei fatto questo lavoro mi metto un gradino non più su  ma messo in maniera diversa rispetto agli altri. Sono una diversa. Punto!

C’è un angolino di Roma a cui sei più legata?

Devo dire, come tutti penso, mi affeziono all’angolino o zona dove vivo, dove abito! Siccome vivo da tanti anni sulla Cassia e l’amo molto perché trovo che sia una delle strade consolari più belle e più verdi a parte il traffico, ma quello non ha niente a che vedere con la bellezza della strada, riguarda l’imbroglio che hanno fatto le tante macchine, l’eccesso di guida, l’eccesso di vita che esiste nei quartieri. Mi sono affezionata alla Cassia, non la lascerei mai. Ogni tanto penso di vendere il mio appartamento e di comprarne uno a Roma. Poi quando vado a Roma, centro centro, sono un po’ turbata dai turbo, dai motori, sono turbata dai rumori e allora penso a questa pace, a questo silenzio di cui io godo qui sulla Cassia e penso che forse tutto questo non me lo regalerebbe nessun’altra zona di Roma.

Cosa provi nel tornare a Roma dopo una lunga assenza?

Io identifico Roma come “casa mia”, come tutti, naturalmente. Non è che io tornando da una “tournee” dico “vado a Roma”. No! Torno a casa mia. Quindi se io vivessi a Firenze, a Napoli o a Canicattì, sarebbe la stessa cosa. Vivo il ritorno come un segreto dove mi rifugio e lo vivo in maniera più sola possibile. Ecco io amo molto la solitudine. Per certi la solitudine è uno spauracchio, per me è una necessità, perché durante l’anno frequentando, vivendo, avendo dimestichezza con tante persone, con troppe a volte, la mia casa rappresenta un nido fuori.  

Ho capito.

Sono contenta che tu capisca (risata).

Il tuo rapporto con la cucina romana?

Io sono un’ottima cuoca. La cucina romana, a parte i carciofi alla romana che cucino con grande maestria, la trovo un po’ pesante alle volte, tipo le code alla vaccinara, la pajata, i fritti. Io sono una sempre perennemente a dieta per mantenere questo mio fisico apparentemente scattante, apparentemente, poi dopo sono piene di dolori, di acciacchi. Però a livello di scherzi. Non amo la cucina romana in particolare, amo la cucina a seconda dei miei umori, dei miei momenti che voglio vivere, dei fornelli, quindi a volte posso cucinare la polenta alla veneta e godermela in casa mai, romana, oppure vivere la nonna siciliana cucinando siciliano. Ecco questo fa parte degli attori, della vita degli attori. L’attore girando i teatri impara e assorbe tutti i gusti, gli umori, le culture, soprattutto quelle culinarie, perché lo spettacolo è importantissimo, ma dopo lo spettacolo, per noi attori, significa cucina, significa ristorante, significa trovare una famigliarità che non c’é concessa durante la giornata. Durante la giornata viaggiamo, siamo sulle autostrade, sempre su quattro ruote, mentre invece il ristorante della città dove rappresentiamo la commedia del momento, ti dà il senso di famigliarità.  

Il quale Roma del passato ti sarebbe piaciuto vivere Anna e nelle vesti di quale personaggio?

E’ difficile rispondere a questa domanda, caro Gianfranco. Perché Roma affida le sue radici in qualsiasi secolo. Credo che, da Nerone in poi, fino all’Ottocento, Roma abbia avuto uno splendore tutto suo particolare di morbidezze, di poesia, di raccoglimento che prescindono dalla città in cui vivi. Roma è e basta. Roma è sempre, comunque. Io mi sento, in certi momenti, una signora dell’Ottocento, là dove trovo Pasquino in tanti angoli con delle storie, con le satire, le famose “pasquinate”. Così come potrei essere Agrippina, così come potrei essere qualsiasi altro personaggio romano. Non c’è un momento della vita romana che io rinneghi  o che ami di più. Roma è e basta.

Per una donna di spettacolo come te, Roma cosa rappresenta?

Io lascerei da parte l’esaltazione di Roma capitale, quella che gli altri pensano che sia della gente di spettacolo. Indubbiamente è un punto di riferimento per chi fa spettacolo. Ma se io fossi una donna di Lodi, probabilmente vivrei la mia città con intensità allo stesso modo. Non faccio mai distinzioni, perché è il mio lavoro che mi porta a vivere altrove, sempre.

Com’è avvenuto il tuo accostamento verso il mondo dello spettacolo?

Io sono nata così, amo dire, con questa deformazione fisica e mentale di attrice. Curiosamente nella mia famiglia non ci sono mai stati né attori, né attrici, né cantanti. E’ una famiglia borghese normale, laddove io fin dall’età prescolare, cioè prima della scuola, avevo stabilito che ero nata attrice. Questo mi ha portato a vivere faticosamente, a vivere laddove ti raccontavo di viale XXI Aprile, della mia diversità. Se si nasce attori, se si nasce con il termine “artista”, fra virgolette, si è diverso comunque. Quindi ho vissuto in maniera anticipata questo mio essere attrice. Ho sempre desiderato quello che adesso ho e forse quello che ho adesso è poco rispetto a quello che vorrei. Per me la popolarità fa degli scherzi, ma dall’Oscar in poi, quindi ho tempo.  

La tua più grande soddisfazione in campo artistico?

Aver interpretato lo spettacolo e un personaggio come Anna Magnani. E’ lo spettacolo che mi ha dato più gioia, raccontare Nannarella di Mario Moretti e Daniela Rotunno. Uno spettacolo dove io non avevo nessuna voglia di imitare o eguagliare la Magnani. Ognuno, sai, ha la sua storia a parte i valori, le fortune o i risultati, ognuno ha una sua storia. L’unico mio dolore è averlo già rappresentato e poi un altro mio dolore è che non troverò mai più uno spettacolo fino a 90/100 anni che mi darà la stessa gioia, la stessa soddisfazione.

Un tuo sogno nel cassetto!

Ma io ho tutti i cassetti aperti, non devo andare ad aprirli per cercare. Ho i cassetti aperti dove penso che un giorno interpreterò Medea, sicuramente, questo è faticoso, perché io ho dovuto lottare contro dei cliché all’italiana soprattutto. Io non detesto l’Italia, per carità, non sono esterofila. Amo l’Italia con tutte le sue bellezze e le sue orrendezze. Però è indubbio un fatto che un attore è riconoscibile a seconda di un personaggio, del suo successo precedente. Se io mi fossi abbandonata al mio successo precedente, avrei dovuto abbandonarmi alla signorina Silvani, quella di Fantozzi, alla racchia Benvelleità, tutti i film dell’epoca, avrebbero avuto me come emblema donna, appunto racchia con Benvelleità, se non mi fossi ribellata a questi cliché all’italiana. Io sono diventata una primadonna mio malgrado e malgrado quello che pensano gli altri degli attori. Sono diventata la primadonna dello spettacolo e mi posso permettere di interpretare quello che voglio, se mi fossi abbandonata a quei cliché che dicevo prima probabilmente ora sarei la Tina Pica degli anni 80.